i frutti di aligre

29 septembre 2006

dell'ecclesiaste e del sollievo


Talking Timbuktu di Ry Cooder e Ali Farka Touré

Il lungo sonaglio di bambu’ appeso alla finestra che li accompagna discretamente suonato dal vento
Stessa provenienza, stesso ritmo dell’anima
Diaraby, che in un dialetto del Mali vuol dire amore

Ieri qualcuno mi ha rimproverato di essere una piccolo borghese che non ha mai conosciuto la vera vita, una che puo’ permettersi di sognare perché non sa cos’é la povertà

un etnopsichiatra di colore sulla cinquantina, esimio professionista che viene a preparare le sue lezione su un tavolino del bar, gli servo sempre un decaffeinato con due zuccheri e un bicchiere di acqua

mi ha rimproverato di essere una razzista che frequenta uomini di colore per far tacere la coscienza ma che mantiene sempre una sorta di comportamento altezzoso
e del resto il fatto che mi ritenga offesa da questi giudizi dimostra che non concepisco che un uomo di colore possa aver studiato piu’ di me e possa riuscire ad analizzare il mio comportamento

lo ho mandato a fare in culo velatamente e sono rientrata cercando disperatamente di tenere la testa alta fino a casa, per essere poi assalita da una crisi di pianto non appena varcata la soglia

ero passata al bar per farmi pagare il week end. Jojo il mio capo mi ha detto che il rasta era stato là nella mattinata, che era rimasto quasi due ore e che pareva mi aspettasse
ed io continuo a sentirmi in assedio nel mio stesso quartiere,
ma tu non stavi con rastaman prima, com’é che non vi vedo piu’ insieme
e lui che suona, scrive, non smette
glielo ho detto, non serve a niente, cancello tutto senza guardare,

ma ora
in questo specchio davanti a me

mi sorrido
dopo aver trovato le risposte
e ora
sono tranquilla


mi sveglio alle cinque e mezza, un’ora sotto l’acqua calda per lavare via tutto, prendo le pastiglie ed esco,

crazy di gnarls barkley sparata nelle orecchie a ripetizione
falcata vigorosa nell’aria cosi’ fresca dell’alba parigina
compro un giornale sotto lo sguardo stupito del tipo, che non mi ha mai visto prima delle dieci
e passi lunghi verso l’ospedale

e svegliarmi e piangere di gioia e di sollievo
e sentirmi finalmente bene
finalmente leggera
piena di stupore
finalmente pronta a guardare avanti
a guardare altre cose, pronta a coltivare altri pensieri

pronta a lasciarmi portare da questo ritmo dolce e pieno di speranze
e dalle voci che cullano
incredibile sollievo
improvvisa, nuova, attesa libertà

mi sorrido nello specchio
dolcezza
una pacca sulla spalla
un abbraccio a me stessa, forte, intenso, caldo
mi sorrido e respiro di sollievo
gli occhi umidi di tenerezza
e tutto il resto

ora
cosa importa

si va avanti

adesso posso davvero andare avanti.


22 septembre 2006

di torri in restauro


Keith Jarret, The Köln Concert sparato nella notte, scale di note lanciate nell’aria ferma.

Facciamoci del male, giu’ fino in fondo. Con un bicchiere di rhum della Guadalupe che io stessa ho preparato, noce di cocco secca, vaniglia, cannella, zucchero di canna e maracuja. Delizioso.
Era il suo preferito.
Ho messo uno specchio sul tavolo, giusto davanti a me, dietro il vaso di bambu’, e mi vedo nella penombra, il fumo che si intreccia alle foglie e alle note. Ho messo uno specchio per essere un po’ piu’ cosciente dei mie gesti, per non potermi nascondere neanche in casa mia.

You’re running and you’re running and you’re running away
But you can’t run away from yourself

Guardo le mie bottiglie di pozioni magiche sulla mensola, la selva di piante che sembra crescere a vista d’occhio nella luce di questo appartamento, sfidando lo spazio esiguo e la gravità
innocenti e speranzose
tutto quello che io non sento di essere questa sera
crescono verdi e rigogliose
quelle della cucina hanno fatto dei ramoscelli cosi’ lunghi e carichi di nuove gemme che ho dovuto studiare un sistema di sospensioni da un muro all’altro altrimenti ci vado addosso di continuo, e cosi’ si sono creati degli archi verdeggianti sopra le porte, e quelle della camera sono cosi’ lunghe che le ho appese giusto sotto il soffitto per non camminarci sopra, e le taglio regolarmente e faccio la doccia ogni volta che annaffio.
Il gatto guarda i tetti dalla finestra, seduto di fianco al cestino della frutta.

non ho intenzione di scappare da me stessa


Per combattere ironicamente la tristezza del mattino mi sono vestita da vedova siciliana, lino nero fasciante, sandali alti, occhiali scuri e seta svolazzante al collo. Non passavo inosservata quando sono andata alla visita in ospedale.

Pensavo che queste tre settimane sarebbero state un inferno, ne sono già passate due con vari stratagemmi e me ne resta solo una di attesa. Il tempo é passato piu’ veloce del previsto, ma l’attesa resta snervante. L’attesa di liberarmi e poter finalmente guardare avanti, verso nuove cose, nuovi stimoli, nuove persone.
Ancora una settimana.
Ancora tre mesi per arrivare alla fine di questo anno di svolta, e pregare le stelle di essere un pochino piu’ dolci con me, prossimamente. Giusto un pochino, giusto un po’ di tregua da scelte e decisioni e attese e operazioni.
Perché non ne posso piu’.
Perché mi sento sprecata a vivere cosi’, sospesa nel bilico delle conseguenze.
Mi sento sprecata a passare il tempo in visite ad anestesisti scafati e a medici senza tatto.
Mi sento sprecata in quest’attesa piena di sintomi.
Ancora una settimana per sentirmi meno triste, meno sola con la mia vita. Conto i giorni, le ore, e sono allo stesso tempo impaziente e spaventata.
E cedo.
Cedo alla tentazione di accendere uno spliff con questo rhum stregante, perché é cosi’ che mi piace. Anche se era un momento nostro, questo qui, ti-punch e cannone. Embé, ora ridiventa un momento mio. Mio e della mia casa.
Mi guardo dietro al bambu’, mi trovo bella. Bella e fumante.
Penso a lui, all’assedio instabile che mi fa.
Quando alle nove del mattino lascia suonare ripetutamente il mio fisso e il mio cellulare insieme. Ora ho bloccato il suo numero sul portatile, allora é solo il fisso che suona, per dieci minuti. ma vedo il suo numero e non rispondo, viva la tecnologia.
Quando viene sotto casa e suona e io so che é lui e rimango con luci spente nel silenzio aspettando che vada.
Quando mi manda messaggini, ogni mattina, sei la mia donna, sei il mio amore, ti amo, ti voglio vedere.
Quando scrive sue mail, non smetto di sognare di te.

Mi guardo nello specchio, mi trovo bella.
E penso ai momenti di delirio che ancora non riesco ad impedirmi, quando sblocco il suo indirizzo in chat e resto a guardare quello che mi scrive, tu mi hai fatto capire, sono cambiato, sono un altro uomo, ora sono libero, non puoi buttare via tutto questo, due come noi non si sono mai visti, siamo fatti per stare insieme, tu sei me ed io sono te,
E quando mi viene troppo vicino chiudo tutto e riblocco il suo nome, e mi guardo nello specchio.
Finché penso che va bene cosi’ e ricomincio a cestinare messaggi e mail senza leggere piu’ nulla.

Tu t’enfonces de plus en plus dans le trou de mon mépris, rasta.

Quando al telefono la sua vicina mi spiegava che in effetti avevano trombato qualche volta negli ultimi giorni, e lui mi diceva che era perché io non volevo dargli un figlio.
Quando mi diceva di andare ad abitare da lui,
E scoprivo che aveva un’altra storia in piedi, anche se traballante, da otto anni.
Quando mi giurava amore eterno perché ormai tutte le altre erano fuori combattimento, e richiamava la sua ex per dirle che ora era libero da quella degli otto anni (e lei gli lasciava un messaggio mandandolo gentilmente a fare in culo).
Ed io sistematicamente sparivo, mi incazzavo, lo piantavo, lo buttavo sul pianerottolo mezzo nudo, senza riuscire veramente a staccarmi nonostante le sue vendette imbarazzanti. Come quando mi ha sputtananto gentimente con la mia lista di contatti mail, la vostra amica é una stronza una puttana, io lo so, io la conosco bene.

Allora ho chiuso gli occhi su quello che era successo, ho detto di si’ a tutto e per prendere lo slancio mi sono lasciata due settimane, sapendo che poi avrei chiuso definitivamente


due settimane di delirio, lui adorante, io pure, vette incredibili di intesa e complicità, condivisione, stesse onde portanti, progetti e sogni
facevo astrazione su tutto il resto, lasciavo che colasse linfa d'amore, lasciavo libero flusso, anche se la sapevo già marcia, quella linfa, imputridita da tradimenti, menzogne, gelosie e colpi bassi


e quando ho rivisto amore e non piu' sfida nei suoi occhi, tregua e non piu' guerra, amore e tenerezza e non piu' diffidenza, quando ha abbassato le difese, quando l'ho visto rassicurato, che questa piccola stupida italiana l'aveva di nuovo perdonato, quando l'ho visto convinto che non posso stare senza di lui e che sarei passata sopra qualsiasi cosa pur di noi due di nuovo,
quando ho potuto scegliere non piu' in reazione diretta al comportamento suo, alle sue minchiate, ai suoi tradimenti,
sono sparita
volatilizzata, prima a parigi, murata in casa o nascosta da amici, e poi in italia, al riparo da visite

Ed ora, Parigi impatto frontale, il lavoro e queste tre settimane da aspettare prima di poter pensare davvero a qualcos’altro con un altro spirito, lasciando di nuovo crescere i rami e non tagliando di continuo per liberare lo spazio.

nei tarocchi del mio maestro dell'adolescenza il mio simbolo é sempre stato la torre

allora tre settimane per raccogliere da terra i miei mattoni
ripulirli uno ad uno dalla vecchia calce rinsecchita
e, piano, ricominciare a costruire
la torre
forte, solida, alta e fiera
ancora una volta
pazientemente
aspettando di poter salire fino in cima
per riempirmi di nuovo dello splendore dell'orizzonte luminoso.





20 septembre 2006

di scontri inevitabili


Parigi chiara e fresca con il poco traffico di un martedi’ a mezzanotte, rientro a piedi dalle Halles, un occhiata al Centre Pompidou che sonnecchia alla mia sinistra e passi lunghi verso casa.
Una ragazza che cammina con la sua amica come una busta spedita verso nuove conquiste, tacchi e occhiali da sole come cerchietto mi sta venendo incontro. Valuto che ci incroceremo giusto nella strettoia con un palo, e valuto che non ho voglia di prendermelo, il palo. Impatto violento gomito gomito, lei si gira urlandomi qualche improperio che Bob Marley filtra prepotentemente. Non era pronta ad incontrarmi, io si’, e si é fatta piu’ male lei. Desolée.
Controllo il telefono spento durante il cinema mentre penso a quanti dischi mi mancano per ricostruire la discografia dei wailers, ancora quattro o cinque, e pregusto la loro scoperta. I primi album sono qualcosa di eccezionale, quelli praticamente mai pubblicati in europa, impregnati di un anni 60 jamaicano che dev’essere stato qualcosa di selvaggio e intenso. Scopro via via perle rare del periodo, The Heptones e compagnia, e mi diletto.

un messaggio, una fitta
tu me manques, scrive
ancora

you’re running and you’re running and you’re running away
you’re running and you’re running and you’re running away
but you can’t run away from yourself

sorvolando l’oceano nella notte, le luci spente e questo dub straziante di groundation nelle orecchie
venivo nella tua isola piena di frutti e di sole, impaziente e incerta

e triste per qualcosa che colgo solo adesso, sapere che sarebbe andata cosi’ e sapere che ci avrei sbattuto prepotentemente contro
e non aver voluto o saputo vedere, credere che fosse inevitabile

ed ora qui, in questa casa che vibra dei miei colori, gialla speziata e piena di piante
durante questa strana disintossicazione amorosa
a fare i conti con i miei desideri e negoziare con i miei fantasmi
con la tentazione, con l’impulso
un passo dietro l’altro in bilico su uno strapiombo
piano, piano avanzo verso il primo appiglio sicuro.

19 septembre 2006

Aligre

Aligre, il mio nuovo quartiere
Aligre, una comune indipendente in pieno cuore di Parigi
Aligre tra la Bastiglia e la Nation, tra il Faubourg Saint Antoine e la rue de Charenton
Aligre, il mio mercato preferito
Aligre dove c'é sempre un po' di sole
Aligre che ha dato dei frutti, Aligre che ne darà degli altri
Aligre in cui molta parte del tutto ha preso inizio, Aligre in cui ora mi curo le ferite che quel tutto mi ha lasciato finendo

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Benvenuti ad Aligre, la mia.